Markus ha un’irrequietezza che lo spinge a correre già all’età di 10 anni. Viene spesso ingaggiato per partecipare a varie competizioni ma a lui non interessa gareggiare, a lui interessa solo correre. La madre malata di sclerosi multipla e le aspettative deluse sulle piste di atletica e dietro i banchi di scuola lo portano a isolarsi. Non è concepibile che la corsa sia vissuta da lui come un problema, là dove la calma interiore Markus la raggiunge solo quando si spinge oltre il limite, oltre lo sfinimento. Per molti la corsa è merce di facile consumo, un dovere che va registrato e superato. Ma la libertà di movimento scompare se la si riduce a qualcosa di comparabile, diventa burocrazia.
La corsa è il movimento della persona libera, non si deve fare altro che infilarsi le scarpe e uscire. Esplorare. Lasciar circolare il sangue nelle vene. Allora tutto diventa più chiaro. Ecco perché Markus inizia a correre da solo, veloce lungo i sentieri più selvaggi della Svezia come la foresta artica, o lungo le scogliere della sua isola. Perché la corsa è un elemento fondamentale e inscindibile dalla sua esistenza. Fuori da ogni convenzione, da ogni schema, nel suo modo di vivere nulla è misurabile o giudicabile. Perché fuori dalle aspettative che gli altri hanno su di lui si vive liberi e l’esistenza si riduce ad apprezzare solo quello che davvero conta. Nella sua kota, la sua abitazione nella foresta e nella sua solitudine, Markus non ascolta la radio e non guarda la tv. Non si rimpinza di opinioni altrui e non si adegua a nessun contesto se non il suo. Perché non vuole “scegliere tra una schifezza e l’altra”, ma vuole poter scegliere tra buono e cattivo, tra bene e male, tra vita e morte. Con tutte le conseguenze. Rinunciare alle comodità è il modo che ha per arrivare ad apprezzare ancora di più la vita. La vita semplice è come una porta aperta verso il cuore.
“Il freddo mi insegna ad ascoltare, mi mostra con dolore i miei errori. È tutto chiaro e nitido, ma allo stesso tempo faticoso. Niente di quello che devo fare può essere rimandato all’indomani. Anche il semplice esistere è un allenamento costante”
Per coloro che vivono sempre connessi e si sentono costantemente messi alla prova e misurati, consiglio vivamente la lettura di questo libro che riporta la corsa a quello che dovrebbe essere per tutti noi, un atto liberatorio che riduce all’essenziale le complicanze della vita. Perché ciò che fa sentire vivi e liberi è la fatica, il vento, il freddo e il sole cocente. Il sangue che pulsa forte nella testa. Uscire dalla rigidità di certi schemi ed eliminare tutto ciò che si può misurare: distanze, velocità, tempi, potrebbe essere la strada giusta per evolversi e per riportare armonia tra mente e corpo.