“La corsa è come la vita, quando tutto inizia ti senti invincibile, ma poi man mano che vai avanti a correre arrivano i primi problemi, alcuni sembrano essere insormontabili e le sofferenze sono inevitabili. Ma le crisi e le avversità spesso diventano occasione di crescita interiore” (Roberto Andreoli)
#Run106Pietro, La storia di Roberto Andreoli
Nel febbraio del 2010 Roberto perde suo figlio Pietro all’età di sei anni per una malattia (la MAV). Il colpo più crudele che la vita possa infliggere a un uomo. Il dolore per la morte di un figlio non passa, è un buco nero che si insinua nell’anima e scava, scava in continuazione. Non c’è tregua mai per chi subisce una tale perdita. Ma questo dolore si può veicolare trasformandolo in energia buona, energia che genera speranza per la vita, come una girandola soffiata da un bambino.
Dopo due anni decide di alzarsi dal divano e iniziare a correre: “Pesavo 116 kg, quando ho iniziato e non è stato proprio divertente, tutte le volte che uscivo cercavo di allungare la distanza di un isolato, fino a quando sono riuscito a correre senza mai fermarmi per 3 km e mezzo. Mi sembrava una grande impresa”. Dopo qualche mese e molti chili in meno, arriva la prima Stramilano e poi la prima maratona a Verona a cui ne seguiranno altre. Quella girandola non si ferma, il vento continua a farla girare nella stessa direzione fino a quando arriva l’idea di correre nel deserto per beneficenza e raccogliere fondi a favore dei bambini affetti dal neuroblastoma infantile. Nasce così un progetto importante #Run106Pietro: nel dicembre 2016 Roberto partecipa alla 100 km of Namib Desert, un viaggio di corsa lungo il deserto della Namibia lungo 104 km, che diventeranno 106.
“Coloro che ci hanno lasciati non sono degli assenti, sono solo degli invisibili: tengono i loro occhi pieni di gloria puntati nei nostri pieni di lacrime”. (Sant’Agostino)
Pietro non si è assentato mai, è rimasto sempre accanto a Roberto e al numero 6, l’età che aveva quando è morto, è stato il filo conduttore di questa storia. Emma, la bimba che è arrivata dopo la morte di Pietro, è nata il 29 giugno il giorno di San Pietro. (Roberto oltre a Pietro ha altri tre figli). Quando si è iscritto alla corsa in Namibia gli è stato assegnato il pettorale numero 6, una casualità. I km da correre dovevano esser 104 ma lui ne ha corsi 2 in più per raggiungere quel 6. Non solo l’organizzazione ha “allungato” l’ultimo pezzo per realizzare questa impresa, ma i 26 concorrenti presenti hanno accompagnato Roberto nei due ultimi chilometri simbolici, sostenendolo e standogli accanto. I soldi raccolti da questa iniziativa sono stati 22.300 euro, ben oltre le aspettative. (Ma il 20/12/16 aveva raggiunto i 21.200, una combinazione di cifre dove appare il 106 e il suo doppio, 212).
“Correre nel deserto è un’esperienza incredibile. I tempi si dilatano, la percezione della distanza è effimera, vedi una bandierina in lontananza e ti sembra di esserci quasi vicino, ma in realtà è distante molti chilometri. La tecnologia è quasi assente, correre nel deserto non ha nulla a che vedere con il cronometro o con la prestazione, anche se arrivi ultimo hai vinto, non c’è competitività. Stai parecchie ore da solo, con i tuoi pensieri, le tue sensazioni, positive o negative che siano, ma è un’esperienza che ti cambia, e quando la provi una volta, poi la vuoi rifare”. (Roberto Andreoli)
Il presente, il futuro: #desert4KIDS
“Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio”. (Antoine de Saint-Exupery)
#desert4KIDS è la prossima sfida di Roberto per raccogliere fondi in favore di Una Milano, l’associazione che aiuta la ricerca contro il neuroblastoma infantile, fondata da genitori che hanno perso i loro figli a causa di questa malattia. Lo scenario sarà quello della Oman Desert Marathon, dove il 17 novembre 2017, insieme ad altri 100 atleti, Roberto correrà lungo i 165 km del percorso diviso in sei tappe, in autosufficienza. Come si sta preparando? Il mese scorso ha partecipato alla Lake 66 Trail Adventure di Modena, 66 km in tre prove (ed ecco riapparire il numero 6…) lo scorso 21 maggio ci siamo incontrati alla StraLugano, dove l’organizzazione ha inviato a correre Roberto con il pettorale numero 6. E poi sarà la volta della Pistoia Abetone Ultramarathon, della Salomon Running Milano e di tanti altri chilometri di corsa che lo attenderanno prima della grande prova sulle dune.
Ma anche questa volta la competizione non c’entra nulla. Lo scopo finale di questo viaggio sarà la raccolta fondi, perché lo sport è il veicolo per aiutare gli altri, nonché un mezzo per dare un messaggio di speranza a coloro che hanno vissuto un’esperienza come quella di Roberto. Raccontare ed esorcizzare questa sofferenza è già servito da esempio a molti altri che come lui hanno subito la perdita di un figlio per rialzarsi e ricominciare a vivere. Perché per quanto sia difficile, il cuore di un uomo può essere grande abbastanza non solo per contenere tutto il dolore del mondo ma anche per fare del bene e per dare speranza, semplicemente andando avanti nella stessa direzione, come quella girandola soffiata da Pietro.
Potete sostenere anche voi il progetto di Roberto Andreoli e di Una Milano donando il vostro aiuto tramite Rete del Dono a questo Link : http://bit.ly/desert4KIDS