Monza ha sempre il suo fascino, il tempio della velocità, il teatro di sfide che hanno segnato la storia del motor sport.
Lo scorso weekend, grazie alla Zia Turini, ho avuto la possibilità di partecipare alla Ganten Monza 12H Cycling Marathon, evento di endurance che porta il ciclismo nel circuito permettendo a tutti di respirare la sua aria magica per una notte.
Alle 16 in punto Cri e Mario sono come da copione sotto casa mia, io sono gasatissimo scendo al volo e monto in macchina. Mentre ci dirigiamo belli spediti verso il circuito mi accorgo di aver preparato talmente bene tutto quello che serve per l’evento in termini ciclistici, che ho dimenticato sia portafoglio che certificato medico a casa, sono un uomo…non è che posso pensare a due cose in contemporanea. Cristina pensa evidentemente che sia un pirla, ma la sua diplomazia e la sua esperienza materna la trasformano nella persona più serafica e tranquilla del mondo, levandomi magistralmente da questo momento d’imbarazzo.

Finalmente arriviamo in circuito, ci sono un sacco di bici e io che da questo punto di vista non ho mai passato i 6 anni non vedo l’ora di agganciare le scarpette. Poco tempo dopo di noi arrivano anche gli altri elementi dei due team e soprattutto i viveri. Più che una squadra mista di Milanesi e Brianzoli che si accingono ad affrontare una 12 ore di ciclismo, diamo più l’idea di una famiglia Calabrese che si prepara ad affrontare l’impresa del pranzo di Ferragosto, e in questo il supporto logistico di Alessia è stato fondamentale.

Allestito il campo, indossiamo le divise e ci prepariamo alle classiche foto di rito con le nostre fantastiche divise firmate GSG, siamo talmente fighi che l’umore delle squadre sale alle stelle: non sapevamo a cosa stavamo andando incontro. Facciamo una breve riunione pre gara, ne emerge che Sara non è ancora arrivata con la torta, ma Mario da team manager navigato riesce a passare sopra le difficoltà tecniche e a riportare la giusta determinazione nel box.
I team “In scia con la Zia” sono pronti a scaricare i watt sull’asfalto di Monza, io e Gabri siamo i primi ad uscire, dopo aver controllato i calzini di tutta la squadra e messo un po’ di Isotonic Drink di Enervit nelle nostre borracce finalmente montiamo in sella.

Il primo giro è dietro alla Safety Car e tutti scalpitano, affrontiamo la parabolica e siamo sul rettilineo di lancio, i denti scendono come le temperature durante la notte, tutti in piedi per trovare la ruota buona da prendere e rimanere attaccati in un ritmo che è da subito forsennato. Il mio primo turno è da poco più di un’ora e mi vola in un lampo, dopo un anno complesso, avere il pettorale sulla schiena e prendere parte alle schermaglie della testa della corsa mi regala una boccata di libertà (Grazie Cri).
Ma il gioco è bello solo se condiviso, quindi ligio ai cambi rientro ai Box, dove trovo Mario che mi aspetta in Pit Lane, pronto a partire a tutta. Nel Box è subito festa, tra dolce e salato non sai dove guardare, così per non saper né leggere né scrivere prendo una birra da 66 che mi attendeva in fresco, alla sera il clima era ancora caldo e io necessitavo di un po’ di sana integrazione rinfrescante.

Per rispettare la tradizione mi reco al pasta party dove ad attendermi ci sono Gabri e un bel piatto di fusilli al sugo. Mentre mangiamo buttiamo un occhio alla classifica e notiamo con piacere che la Zia Cri spadroneggia nella classifica femminile con già ben 5 giri di vantaggio. Rientrato nel Box ci sono tutti i componenti del team e qualche tifoso, tra cui Sara e la sua torta. Ora io non so come possa pensarla l’organizzazione, ma le suggerisco veramente di appaltare i dolci alla signorina Sara Canali, la 12 ore l’ha decisamente vinta la sua torta, con buona pace di tutti.

Mentre in parallelo alla gara ciclistica si svolge l’All U Can Eat del box 15, anche Karen e Mario portano a termine il loro dovere dando seguito a Luca e Cristina. Rientrato Luca, che di fatto è l’animatore del Box, io e lui andiamo a farci un giro tra i Box approfittandone per prendere un caffè alla Lavazza. Notiamo con estremo piacere che Cristina fuori nel circuito è una vera e propria mattatrice, medie superiori ai 40 kmh e giri su giri di distacco inflitti alla seconda, sapevamo che si era allenata duramente ma qui il monitor descrive quella che ha già il sapore di un’impresa.

Girando per il paddock io e il Dottor Guglielmetti osserviamo negli altri box quello che sembra un universo parallelo, gente sui rulli a scaldarsi, radioline, tensioni e discussioni degne degli ultimi 30 km del mondiale professionistico…spaventati torniamo al nostro box, dove fortunatamente salami, birre e crostate sono lì ad attenderci pronte a rassicurarci. E’ sabato sera e a mezzanotte alcol e ormoni, tra i maschietti, iniziano a dire la loro.

Io e lo stambecco di Cantù abbiamo notato con piacere che ci sono alcune presenze femminili che prendono parte alla manifestazione anche se la proporzione gentil sesso/ invasati del pedale è decisamente sbilanciata. L’architetto Vazzola, quale navigato lupo del pedale (e non solo), ci riporta in modo certosino i dati statistici delle quote rosa presenti alle manifestazioni di ciclismo italiane degli ultimi 20 anni, confermandoci che qui siamo decisamente sopra la media.

Ora, entrando nel ruolo di Dottor Stravamore mi metto una mano sul cuore e rivolgo un appello al comitato organizzatore: vogliamo dimostrare che il ciclismo è uno sport per donne cercando un modo per portare il rosa non solo sulla maglia del giro, ma in modo concreto in quello che è un mondo fin troppo a trazione maschile? Vogliamo per un attimo mettere da parte gli agonismi e il coltello tra i denti e avere il coraggio di sostituire le maltodestrine con i limoni?

D’altra parte la location è ottima per trasformare la gara in un festival del ciclismo, con feste, musica e relazioni interpersonali, dove si sposta il focus dagli insulti e l’imbruttimento della pista, ai sorrisi, alle risate e perché no all’agrume nativo di Sorrento più apprezzato dalle coppie di tutto il mondo. Io, arch. Vazz e Doc Guglie avremmo anche individuato un paio di punti strategici nel circuito per pit stop romantici e recuperi alternativi. Restiamo a disposizione.
Finito il tempo dell’analisi dati è di nuovo il mio turno, è quasi l’una di notte e le temperature iniziano a essere freschine. Scelgo di riempire la borraccia con un R2 di Enervit, so che solitamente viene consigliato dopo l’attività fisica per favorire il recupero, ma nella mia esperienza di endurance, anche grazie ai consigli dell’amico Ivan Risti, ne ho più volte apprezzato i benefici anche in quelle giornate lunghe dove sottopongo il mio corpo a sforzi prolungati. Oggettivamente nell’R2 c’è tutto quello che serve nel momento del bisogno, maltodestrine, amino acidi ramificati, sali, vitamine e cosa estremamente importante in condizioni di stress, ha un gusto piacevole e non da problemi di digestione.

Ho usato questa tattica d’integrazione sia per il turno delle dell’1.30 sia per quello delle 3:30 e devo dire che è stata una strategia assolutamente utile. Tra lo sforzo fisico e la stanchezza della notte di veglia, un supporto adeguato ha sicuramente giocato un ruolo importante in questa lunga notte brianzola. Le 6:30 della mattina e il mio ultimo turno arrivano rapidamente, nel Box la stanchezza comincia a farsi sentire, molti sonnecchiano, Karen mangia, io prendo un caffè e metto solo acqua nell’ultima borraccia. Esco dalla Pit Lane, so che il mio corpo ha bruciato tanto e la stanchezza si farà sentire, il sintomo di tale sforzo è il freddo, quindi faccio l’unica cosa che si può fare quando si ha freddo, tiro giù due denti e spingo. Da un punto di vista gestionale non è proprio la scelta più furba, ma ho solo un ora davanti e sono fiducioso che il mio corpo mi consenta ancora un ora di autonomia. Trovo altri due ragazzi sulla strada, troviamo la collaborazione e tiriamo 500 metri a testa, questo mi aiuta sia a pararmi dal vento sia a conservare un po’ di energie.

Riesco a passare in volata sotto il traguardo a 3 secondi dallo scadere, così conquistando un altro giro…il numero 69. D’altra parte il Dottor Stravamore non sta tanto a guardare medie e picchi, ma quando bisogna dare importanza ai numeri…è sempre in prima fila.
I team sono andati alla grande, leader indiscussi delle classifiche All U Can Eat e beer à porter, siglano anche un terza e quarto posto nelle categorie minori, giusto per non lasciare nulla agli avversari, soprattutto le crostate. Di questa lunga notte, mi porto a casa le risate, la condivisione e il divertimento. Avevo partecipato alla prima edizione nel 2015 vivendo l’agonismo vero, ma i team “In scia con la zia” mi hanno regalato un’esperienza, chi mi conosce sa quanto tenga alla performance e alla competizione, ma quello che alla fine da veramente valore alle nostre gare non sono i secondi di vantaggio, ma le emozioni e le relazioni che solo la condivisione della fatica possono regalare. E comunque abbiamo vinto noi 69 over all ahahahahahah.
Grazie per la pazienza di aver letto queste righe
p.s.: alla fine è venuto fuori che Cristina ha spadroneggiato la classifica femminile inconsapevolmente. Quando si è accorta (tardi) di essere prima tra le donne il suo pensiero è stato: “O le donne in gara sono tutte capre, o io sto indossando il pettorale di qualcun’altro“.
Stava indossando il mio.
Dottor Stravamore – Sergio Viganò
