Qualche giorno fa una notifica di Linkedin mi avvisava che Run and the City compiva un anno. Questa idea di aprire un blog l’avevo in testa da mesi. Ma essendo io leggermente inconcludente per natura, avevo sempre rimandato.
Cosa è successo un anno fa? Che lo spirito di un cinese stacanovista si fosse impossessato della mia mente? Di sicuro non ero in me. Non solo avevo subito scelto il nome (cosa in genere difficilissima) e avevo aperto il sito sapendo già come sarebbe stata la grafica, ma mi ero anche presa la briga di aggiornare il mio profilo Linkedin.
Tutto in quel giorno di metà agosto, dove in genere le persone normali sono in vacanza, pensano alla vacanza, desiderano una vacanza.
Da quando ho iniziato a correre, mi sono ritrovata circondata da persone con la stessa passione. Tutti a parlare di ripetute, di scarpe, di abbigliamento, di cardiofrequenzimetri e gare. Un po’ come quando nasce un figlio. Dal primo giorno in cui diventi mamma non fai che parlare di pannolini, sonno, latte, creme, passeggini. E lo fai con i tuoi simili, cioè con altre mamme, le uniche persone in grado di sopportare questo delirio a senso unico. Ecco, la stessa cosa più o meno avviene con la corsa.
I runner non parlano d’altro. Di quanto corrono, delle scarpe con cui si sono trovati malissimo o benissimo, degli allenamenti, della velocità media. Personalmente, nonostante ami correre, non mi sono mai sentita così monotematica e ammorbante. Ancora oggi non saprei dire qual è il mio miglior tempo medio al chilometro. Forse perché è così scarso che non è il caso di memorizzarlo e diffonderlo.
Ma questa esigenza di informare il mondo che sono andata a correre, che ho usato questo paio di scarpe piuttosto che l’altro, che ho fatto una gran fatica o che quasi sembravo Bolt, l’ho sempre avuta anche io e ho sempre amato condividerla tramite i social. Un like su un post o su una foto sono molto meno impegnativi di una una vittima in carne e ossa scelta a caso con una faccia annoiata che tenta in tutti i modi di seguire i tuoi discorsi ma che quasi mai ce la fa.
Nella comunicazione 2.0 invece è l’interlocutore che sceglie te e lo fa quasi sempre perché condivide la tua passione. Così, dopo vari incoraggiamenti – ‘Sei matta? Ti manca solo un blog con tutto quello che hai da fare’ – ‘Aprilo pure il blog, finirà come tanti altri, abbandonato dopo tre mesi al massimo’ – quella mattina di metà agosto, approfittando del mio rarissimo stato di grazia, mi sono decisa ed è nato Run and the City.
Tirando delle brevi somme, penso ne sia valsa proprio la pena. Ho imparato quanto sia importante correre in gruppo, per migliorarsi, confrontarsi e conoscere persone che condividono la tua passione. Poi sarà una coincidenza, una fortuna mia, ma queste persone si sono quasi sempre rivelate dei piccoli tesori diventati ben presto grandi. Uniche le esperienze con il Training di Stramilano, con gli X-Runners per Emergency e con le impavide Women in Run. Per non parlare dell’emozione unica delle mie prime gare.
Soprattutto è stato un grande piacere avere il vostro seguito sul web. Siete pochi ma buoni. A parte qualche sporadico insulto di quei runner ruspanti (sempre uomini) ancora rimasti ai tempi del Neanderthal che aborrono il fashion, le playlist e altre “diavolerie” che non siano un paio di scarpe da running e la lancia per cacciare qualche animale durante la corsa (e ancora mi sfugge il perché si siano messi a seguire proprio Run and the City, già dal nome capisci che non è cosa), una delle mie migliori certezze sono i vostri nomi e le vostre facce che ogni tanto appaiono sotto gli articoli o le foto, con un like, un commento che racconta un po’ di voi, una battuta, una critica. Ci siete e ringrazio quella donna, chiunque essa sia stata, che una mattina di metà agosto di un anno fa si è svegliata per una volta nella vita, con le idee chiare.
Ci vediamo in corsa 🙂
allora non resta che augurare buon compleanno
Grazie!