Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare, a correre, a fare ripetute sulla distanza del miglio, a prolungare i km da fare a ritmo gara, a presentarsi alle tapasciate la domenica mattina presto nel freddo e nella nebbia per fare i lunghi.
Però se si vuole ottenere uno straccio di risultato, questo è l’unico modo. Rimanere concentrati sull’obiettivo e visualizzarlo spesso, poco importa se negli ultimi chilometri il polpaccio destro diventa di marmo. Con quello si faranno i conti poi. Non cedere alla tentazione di rimandare e prendersi cura della qualità di quel tempo che dedichiamo al nostro allenamento perché quello è lo stesso tempo che dedichiamo a noi stessi ed è il momento conosciuto e familiare in cui si inizia a respirare davvero, è la libertà. Questa settimana tra un impegno e l’altro e, sfogliando le pagine del blog, ho ritrovato questa frase di Gianni Rodari che credo vada impressa nella mente, così semplice ma così vera, conserva in quelle poche righe il segreto di ogni riuscita:
Questo è quel pergolato
e questa è quell’uva
che la volpe della favola
giudicò poco matura
perché stava troppo in alto.
Se non ci arrivate
riprovate domattina,
vedrete che ogni giorno
un poco si avvicina
il dolce frutto:
l’allenamento è tutto.
E ancora, come dice Pietro Trabucchi: tutti abbiamo delle motivazioni. La differenza tra gli individui sta nella loro capacità di farle durare a lungo nonostante ostacoli, difficoltà e problemi. La capacità di perseverare, di far durare a lungo la motivazione viene detta resilienza.

La preparazione alla Napoli City Half Marathon continua e questa settimana si è conclusa con i MICS alla StraCasorate, qualcuno ha corso 15K, altri 21K, sotto un unico comune denominatore: la nebbia. Anche il contributo di Gigi per la diffusione delle cultura partenopea continua, ormai non manca molto, e su cosa mangiare e cosa vedere siamo davvero molto preparati.
È già qualcosa.
Il detto della settimana:
A gallina fa ll’uovo e a o’ gallo nce abbruscia ‘o culo
La gallina fa l’uovo e al gallo gli brucia il sedere
Frase utilizzata quando qualcuno si prende i meriti del lavoro di un altro, o ancora quando si ci lamenta della fatica derivante da un lavoro che ha fatto un altro.
CASTEL DELL’OVO
Giunti al km 5 della Napoli City Half Marathon, quando le gambe gireranno ancora a pieno regime e la fatica, lo spero, è ancora lontana dal fare capolino nella nostra testa, volgendo lo sguardo a destra potremmo ammirare una portentosa fortezza che si adagia sul mare.
Castel dell’Ovo. Il consiglio è di goderne a pieno durante il passaggio poiché lo rivedrete al km 15, ma la lucidità mentale e visiva potrebbe non essere la stessa.
Castel dell’Ovo è sicuramente l’emblema della città e fa da cornice, con il Vesuvio sullo sfondo, a tutte le immagini da cartolina che abbiamo visto del Golfo di Napoli.
Esso è al centro di numerose leggende e miti, e incarna a pieno tutto lo spirito straordinario di Partenope, la bellissima sirena che si lasciò morire d’amore sull’isolotto di Megaride (oggi Borgo Marinaro) a seguito del rifiuto da parte di Ulisse. Sempre su questo isolotto la città accolse amorevolmente le spoglie di Santa Patrizia, naufragata a seguito di una violenta tempesta e divenuta poi compatrona di Napoli. In età Romana, l’area occupata oggi dal castello, si presentava come una cittadella fortificata, ricca di splendidi giardini, fontane e sculture classiche.
Divenne un’inespugnabile fortezza durante la dominazione normanna e successivamente un castello fortificato durante il regno Angioino.
La vicenda più affascinante riguarda sicuramente la leggenda dell’uovo, che secondo le cronache napoletane, fu deposto dal poeta alchimista Virgilio all’interno di una gabbia di ferro che fece murare in una nicchia misteriosa nelle viscere del castello, profetizzando che alla rottura dell’uovo, tutta la città sarebbe crollata. Curioso è l’episodio legato alla Regina Giovanna I di Napoli che, a seguito di un crollo che coinvolse il castello, fu costretta a dichiarare di aver sostituito l’uovo, ammettendone di fatto la sua leggendaria esistenza; il suo intervento acquietò lo stato di panico suscitato dal popolo napoletano, che a seguito del crollo si chiedeva cosa ne fosse stato dell’uovo, temendo una catastrofe che avrebbe colpito la città, come narrava la leggenda profetica.
Il poeta Virgilio, considerato il primo protettore della città in epoca pagana ancor prima di San Gennaro, riposa nel Parco della Tomba di Virgilio che sorge alle spalle della chiesa di S. Maria di Piedigrotta in zona Mergellina.
Il panorama che si puo’ godere dalle finestre del castello è tra i piu’ suggestivi al mondo, Vesuvio, Capri e Posillipo faranno mostra di se nei vostri selfie e nel vostro cuore.
È aperto tutti i giorni in forma gratuita.
E parlando di castelli e regine il pensiero va immediatamente ad un primo piatto di quelli che sanno di pranzo della domenica e di intimità familiare, uno di quei piatti che lo senti salendo dalle scale quando vai a pranzo da mammà, sua Maestà LA GENOVESE!
Il piatto poco ha a che fare con Genova, non è pesto, non è pesce, ma forse il nome richiama i navigatori genovesi che utilizzavano cuocere la carne con la cipolla; fatto sta che a Genova nessuno conosce questo piatto che, con il ragù, è assoluto protagonista della tavola partenopea. Vi consiglio di provarla, non ve ne pentirete.
LA GENOVESE
Ingredienti per 4 persone
Olio extravergine
1,5 kg di cipolle dorate
1 costa di sedano
2 carote
3 pomodorini
Parmigiano
500gr di carne per spezzatino o muscolo
Vino bianco
Pasta corta liscia ( rigorosamente gli ziti direi)
Procedimento:
Fate rosolare in olio il sedano e la carota tritati, aggiungete i pezzetti di carne e sfumate con vino bianco.
A questo punto aggiungete tutte le cipolle affettate finemente, i pomodorini ed un goccio di acqua. Lasciamo cuocere con coperchio per circa 2 ore, avendo cura che vi sia sempre del liquido di cottura sul fondo, normalmente rilasciato dalle cipolle.
Quando le cipolle avranno preso la consistenza di una marmellata e la carne si sfilaccerà, potete togliere dal fuoco.
Sfilacciate qualche pezzetto di carne da unire al sugo mentre il resto della carne verrà servita come secondo piatto.
Cuocete gli ziti in abbondante acqua salata, mantecateli nel ragu’ alla genovese con un po della propria acqua di cottura, una bella spolverata di parmigiano e pepe e buon appetito!
Per chi non gradisse la carne il procedimento è identico, il ragù alla genovese verrà buonissimo lo stesso, si accorceranno sicuramente i tempi di preparazione poiché la carne richiede una cottura più lunga.
Luigi Ruscetta